Leucemie, Ail: in 30 anni guarigioni passate da 20 a 70%

Tra i pazienti oncoematologici 80% di vaccinati. Amadori: "Tutti devono farlo".
“Trent’anni fa la guaribilità dei tumori del sangue era inferiore al 20%, oggi globalmente siamo in grado di guarire il 60-70% e anche in questi mesi di Covid sono nati farmaci innovativi in grado di cambiare lo scenario terapeutico”. Lo ha detto il professor Sergio Amadori, presidente nazionale di Ail, Associazione italiana contro le leucemie, nel corso di ON.E., le Giornate dell’ematologia e dell’oncoematologia organizzate da Koncept e Ail Firenze.
“Nell’ultimo decennio – ha sottolineato – sono stati raggiunti risultati straordinari, 30 anni fa la chemioterapia ha consentito di ottenere risultati anche significativi, ma aveva già raggiunto il massimo della capacità di curare i tumori e dava grossi problemi di tossicità. Negli ultimi 10 anni grazie alla migliore conoscenza è stata creata una miscela esplosiva che si è tradotta in una ventata di farmaci innovativi che agiscono bersagliando le cellule tumorali senza toccare i tessuti sani. Il sogno del fondatore di Ail, professor Mandelli, era guarire tutti, noi abbiamo imboccato questa strada”.
Anche nel periodo del Covid, ha rilevato, “Ail non si è mai fermata, i nostri 20 mila volontari non si sono tirati indietro, si sono rimboccati le maniche. Il paziente era in crisi per la sua patologia e aveva anche una paura tremenda che il Covid fosse un ulteriore pericolo altissimo, quindi è stata necessaria un’opera di sostegno e di empatia. E poi la ricerca non si è fermata, negli ultimi 4-5 anni e anche nei 2 anni di Covid sono venuti fuori farmaci innovativi che sono in grado di cambiare lo scenario terapeutico. Il Covid ha portato uno sconquasso, ma nessuno si è fermato e alla fine se andiamo a vedere i numeri non sono stati molti i pazienti che hanno subito ritardi nelle diagnosi e nei trattamenti”.
La professoressa Maria Antonietta Specchia, direttrice dell’Unità operativa di ematologia con trapianto del Policlinico di Bari e presidente dell’Ail del capoluogo pugliere, ha spiegato che i medici e i volontari di Ail, in questo periodo, hanno offerto un sostegno e un aiuto, anche per le vaccinazioni. “C’è stata paura e preoccupazione sul vaccino e il compito di noi ematologi è stato rassicurare che il vaccino doveva essere fatto e che Ail lavorava con le società scientifiche che hanno fatto lavoro di squadra per comunicare alle istituzioni la necessità di pianificare al meglio le vaccinazioni per i pazienti oncoematologici. C’è ancora qualcuno che ha delle preoccupazioni ma l’80% dei pazienti ha gradito la vaccinazione”.
A questo proposito Amadori ha lanciato un appello: “Tutti devono vaccinarsi, è l’unica arma che abbiamo per evitare le gravissime conseguenze che può portare il Covid”. Nel periodo del Covid, ha spiegato il professor Alberto Bosi, presidente di Ail Firenze, “sono aumentate tantissimo le richieste di assistenza domiciliare, perché i pazienti non volevano andare in ospedale, ma anche i finanziamenti si sono ridotti perché le campagne hanno subito una contrazione, per fortuna abbiamo avuto il sostegno di alcuni enti”. Certo, “ci sono state difficoltà perché molti infermieri e medici sono stati reclutati per le vaccinazioni, ma c’è stata anche molta solidarietà e sono ottimista”.

Fonte: askanews.it 

Ortopedici SIOT: “Fondamentale la diagnosi precoce”

Nel nostro Paese le fratture da fragilità colpiscono 1 donna su tre e 1 uomo su cinque tra gli over 50enni e, sebbene siano più frequenti tra le persone anziane, si stima che il 20% delle fratture avvenga in età di prepensionamento, come attestano le recenti Linee Guida “Diagnosi, stratificazione del rischio e continuità assistenziale delle Fratture da Fragilità” dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con SIOT e altre Società scientifiche.

In occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIOT ribadisce l’importanza della diagnosi precoce per il trattamento dell’osteoporosi e raccomanda visite specialistiche alle donne over 50 e agli uomini dai 65 anni in su per valutare lo stato della propria salute ossea e prevenire la comparsa di fratture.

Come emerge nelle Linee Guida, è stato stimato che le fratture da fragilità siano responsabili di più di 9 milioni di fratture ogni anno in tutto il mondo. Nel 2017, sempre secondo i dati, sono state stimate a livello mondiale 2,7 milioni di nuove fratture da fragilità, equivalenti a 7.332 fratture al giorno, 305 all’ora. Nelle donne si è verificato quasi il doppio delle fratture (66%) e, in generale, le fratture del femore prossimale (collo del femore), delle vertebre e del polso/omero prossimale (spalla) hanno rappresentato rispettivamente il 19,6%, 15,5% e 17,9% di tutte le fratture.

“L’identificazione della fragilità scheletrica – spiega Alberto Momoli, Presidente SIOT e Direttore UOC Ortopedia e Traumatologia Ospedale San Bortolo, Vicenza – è fondamentale per identificare il rischio di frattura del soggetto e applicare interventi terapeutici mirati e prevenire il peggioramento del quadro clinico. Per una valutazione del rischio di fragilità è fondamentale un’accurata anamnesi del paziente utile a identificare ulteriori fattori compromettenti la salute delle ossa: terapie farmacologiche o ulteriori patologie, possono compromettere la resistenza scheletrica peggiorando la fragilità dell’osso con inevitabile aumento del rischio di frattura”. Se la protezione della salute delle ossa inizia sin dall’infanzia con una corretta alimentazione, ricca di calcio e vitamina D e uno stile di vita attivo che comprenda un’adeguata attività fisica, le stesse indicazioni valgono anche da adulti: mantenere una buona densità ossea e prevenire il rischio di fratture soprattutto nell’età considerata più a rischio, in menopausa e post menopausa per le donne e senile per gli uomini. In tarda età un giusto movimento, uno sport aerobico leggero e un allenamento propriocettivo, insieme ad una corretta alimentazione possono intervenire a beneficio della perdita di forza muscolare, ridotta coordinazione dei movimenti e inevitabile rischio di caduta. In Italia, secondo le Linee Guida si stima che la prevalenza dei soggetti con osteoporosi ultra 50enni corrisponda al 23,1% nelle donne – il cui numero è aumentato del 14.3% dal 2010 al 2020 – e al 7,0% negli uomini. “Una corretta valutazione della fragilità ossea attraverso specifici esami del sangue e la mineralometria ossea computerizzata, MOC – prosegue Alberto Momoli – permette quindi di identificare precocemente i soggetti ad alto rischio di sviluppare esiti negativi, consentendo l’implementazione tempestiva di contromisure preventive/terapeutiche. Inoltre, ci sono diverse condizioni, come quelle infiammatorie o il trattamento con farmaci glucocorticoidi, che risultano essere molto importanti nella valutazione della fragilità ossea, in quanto riducono la forza ossea e aumentano il rischio di frattura. Riguardo al trattamento, esistono diverse opzioni terapeutiche efficaci che possono variare a seconda della gravità del caso, dei fattori di rischio e della presenza di altre patologie. È importante rivolgersi sempre a uno specialista, che saprà indicare il trattamento più adatto per ogni singolo individuo”.


Fonte: askanews.it

Possibile qualificare stazioni di “terapia forestale”

La “terapia forestale”, oltre che avere effetti significativi sulla riduzione dei sintomi dell’ansia, può contribuire al miglioramento delle funzioni respiratorie di bambini e adolescenti affetti da asma e sottoposti alle terapie convenzionali. Lo dimostra una ricerca sperimentale realizzata presso il Lago di Misurina (Belluno) da un gruppo di ricerca dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Ibe) e del Club alpino italiano (Cai), assieme a Istituto Pio XII di Misurina, e alle Università di Parma, Ferrara e Verona.

Lo studio – informa il Cnr – ha individuato e isolato, attraverso l’analisi di dati ambientali e clinici raccolti nel corso dell’estate 2022, l’effetto dell’esposizione ai monoterpeni – componenti profumati degli oli essenziali diffusi dalle piante che sono molto presenti nelle foreste – sui parametri respiratori che normalmente si misurano per valutare le terapie tradizionalmente utilizzate contro l’asma. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Forests”.

“I nostri studi dimostrano come gli esiti dei trattamenti dell’asma adolescenziale siano stati condizionati dalla quantità di monoterpeni inalati dai giovani pazienti, nel tempo trascorso nella foresta di conifere che attornia il lago di Misurina. Dopo la nostra scoperta sul ruolo terapeutico degli stessi monoterpeni sui sintomi di ansia, oggi abbiamo un quadro molto più chiaro e ampio sulle funzioni curative della foresta, sia per quanto riguarda la sfera psicologica che per quella fisiologica”, sottolinea Francesco Meneguzzo, ricercatore del Cnr-Ibe e membro del Comitato scientifico centrale del Cai.

Lo svolgimento della ricerca è stato articolato, poiché i ricercatori hanno dovuto incrociare i dati ambientali con quelli clinici raccolti su 42 pazienti. “Questa ricerca rappresenta il culmine di anni di lavoro: abbiamo dimostrato che l’aria forestale svolge un ruolo terapeutico ad ampio spettro, e questo offre la definitiva giustificazione scientifica all’adozione delle prescrizioni sanitarie cosiddette verdi. Si pensi che in Germania, Canada, Giappone e Corea del Sud, con molte meno evidenze scientifiche, sono state sviluppate reti di stazioni per la terapia forestale. E proprio in Germania, tra qualche mese, entreranno in funzione le prime stazioni dotate di personale medico e di psicologi”, afferma Federica Zabini del Cnr-Ibe, responsabile Cnr del progetto e supervisore della ricerca.

“Abbiamo applicato metodi statistici avanzati, specifici della ricerca clinica, per confermare risultati che hanno stupito e che, oggi, ci permettono di disporre di criteri per individuare e qualificare stazioni di terapia forestale, e ottimizzare le funzioni dei centri di trattamento e riabilitazione dell’asma infantile e adolescenziale”, aggiunge Davide Donelli (Università di Parma/Azienda ospedaliero-universitaria di Parma).

Questi risultati – conclude il Cnr – potranno aprire la strada alla costituzione di nuovi centri in alta quota, immersi in foreste ricche di monoterpeni, anche nelle aree appenniniche.

 

Fonte: askanews.it

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